Novecento in cortile al Museo Accorsi-Ometto con i grandi maestri della scultura contemporanea
Dopo quasi tre mesi di chiusura forzata, dovuta al Covid-19, il Museo Accorsi-Ometto riapre le sue sale e il suo splendido cortile, nel cuore di Torino, con una mostra di sculture che, dall’8 luglio all’11 ottobre 2020, rende omaggio a sei grandi artisti del Novecento, fra i maggiori interpreti internazionali della scultura del dopoguerra.
Scrive Bruto Pomodoro, curatore della mostra: “Esiste un aspetto spirituale, legato indissolubilmente a ciascuno di noi: la ricerca consolatoria della bellezza che l’uomo, già dai tempi della preistoria, ha sempre cercato di rappresentare, riprodurre, reinventare. È questa una ricerca insopprimibile, che coinvolge ogni aspetto della nostra vita, dalle rappresentazioni sacre e allegoriche a quelle mitologiche, dalle scene di vita quotidiana ai paesaggi, dalle nature morte alle rappresentazioni delle battaglie, dalle composizioni figurali alle opere astratte in un fluire ininterrotto attraverso i secoli; nonostante carestie, guerre e pestilenze, non abbiamo mai potuto fare a meno di questi miracolosi “oggetti”, non abbiamo mai smesso di ammirarli, di studiarli, finanche di possederli”.
Per questo motivo sono stati scelti Arman, Paolo Borghi, Gio’ Pomodoro, Riccardo Cordero, Igor Mitoraj e Ivan Theimer che attraverso le loro undici opere plastiche – bronzi, acciai e terracotte – si ergono a vessillo di speranza e di volontà di ripartire.
In mostra si possono ammirare il monumentale Mercurio (anni ’80) di Arman, uno fra i massimi esponenti del nouveau réalisme, famoso per le sue accumulazioni, per gli strumenti musicali e per le sue frammentazioni, oggetti che differiscono fra loro solo per qualche dettaglio, sezionati dal loro insieme; la grande terracotta Cavalcata interrotta (1990) di Paolo Borghi che ben rappresenta la sua poetica di rivisitazione dell’arte classica e di indagine sul mito; i bronzi patinati Tensione verticale (1963-64) e Sole deposto (1982) di Gio’ Pomodoro, testimonianze di due diversi cicli produttivi del Maestro marchigiano, quello delle “Tensioni”, opere che cercano di definire il concetto di vuoto, inspodestabile, e dei “Soli”, archetipi geometrici di uno dei simboli più rappresentativi dell’umanità, fabbrica d’energia senza proprietari, come amava definirlo egli stesso; il maestoso acciaio satinato Asteroide (2017) di Riccardo Cordero in cui la forma plastica astratta, una struttura segnica attentamente progettata, è posta in dialogo con lo spazio circostante, di cui l’opera ne attiva la realtà fisica; i due grandi bronzi di Igor Mitoraj, Icaro alato (2000) e Luci di Nara pietrificata (2014), che testimoniano la visione postmoderna dell’artista che, attraverso le fratture presenti sulla figura, alludenti al frammento e al reperto antico, ci ricordano la situazione dell’uomo contemporaneo con le sue fratture e la sua perdita di identità; infine, di Ivan Theimer, Tobiolo (1999), Tartaruga con montagna (2004), Medusa (2005) e Obelisco (1993), quattro opere in bronzo di diverse dimensioni fra loro collegate da un unico denominatore: un solido impianto classico che riecheggia ai miti rappresentati dalla scultura greca, alla simbologia egizia dei grandi Obelischi fino al manierismo toscano, dove figura umana e mondo animale giocano fra loro in simbiosi plastica, per ricordarci che siamo tutti parte di un unicum.